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Il notaio: un pubblico ufficiale a garanzia dei tuoi atti
Perchè il Notaio?
Certezza, Trasparenza, pubblica fedeIl notaio ha il compito di ascoltare le volontà delle parti e tradurle nella migliore forma giuridica: effettua gli accertamenti del caso, attribuisce pubblica fede agli atti e riscuote le imposte per conto dello Stato.
Il Notaio Andrea Ciancico opera con professionalità e competenza in tutta la Provincia di Catania.
Lo studio è incentrato sulla personalità della prestazione notarile e dunque sulla permanente presenza e/o reperibilità del notaio.
Il nucleo fondamentale del personale dipendente è a sua volta formato da persone dotate tutte di competenza ed esperienza ultradecennale nel settore notarile.
Il nostro obiettivo principale è quello di adempiere nella maniera più completa e attenta possibile alle richieste dei nostri clienti.
Articoli e approfondimenti
L'acquisto di immobili di provenienza donativaI rischi in sede di compravendita riconducibili alla tutela dell'erede legittimario. -
Notaio Andrea Ciancico a Catania
Studio Notarile e Legale
Le qualità che caratterizzano lo studio Ciancico Notaio a Catania sono quelle del titolare e dei collaboratori che li affianca:
- minuziosa indagine di ogni documento ai fini dell’istruzione di ogni pratica;
- ricerca della precisione nella preparazione e nella redazione degli atti, siano essi immobiliari, societari, successori e quant’altro di competenza notarile;
- disponibilità dei collaboratori e personale del notaio nel rapporto con ogni singolo cliente per soddisfare ogni richiesta e fornire consulenza legale qualificata.
Il notaio è un pubblico ufficiale che ha la funzione di garantire certezza e correttazza agli atti tra le parti.
- Riceve gli atti, adeguando la volontà delle parti.
Il notaio traduce la volontà delle parti nella migliore forma giuridica per la realizzazione degli scopi che le parti intendono perseguire. Molto spesso quest'attività conduce alla stipulazione di un atto diverso da quello che le parti si erano prefigurate. La funzione di adeguamento comporta anche l'obbligo di porre in essere atti non espressamente vietati dall'ordinamento: in questo modo il notaio si pone come un filtro tra i cittadini e le regole poste dallo Stato, curando che gli atti posti in essere dai primi siano rispettosi della legge; tanto maggiore è la presenza del notaio nei traffici giuridici, tanto minore dovrebbe essere il rischio di una lite tra le parti, ciò che a sua volta si dovrebbe tradurre in teoria nella deflazione del carico dell'attività dei magistrati.
- Attribuisce pubblica fede.
Garantisce ai cittadini che le attestazioni fatte dal notaio nell'atto corrispondano al vero (es.: l'esatta identità delle persone che hanno sottoscritto l'atto; l'essere certe dichiarazioni state fatte dinanzi al notaio; l'essersi certi fatti verificati davanti al notaio).
- Liquida e riscuote le imposte per conto dello Stato
relativamente agli atti pubblici ricevuti o alle scritture private le cui sottoscrizioni siano state autenticate. Il notaio quindi dovrà stabilire il regime fiscale applicabile ad ogni atto da lui ricevuto o autenticato (ad esempio se soggetto ad IVA o ad imposta di registri), l'aliquota applicabile e la relativa base imponibile rilevante, determinando così l'ammontare dell'imposta dovuta e provvedere anche al suo versamento (ad eccezione dell'IVA) contestualmente alla registrazione dell'atto presso l'Agenzia delle Entrate di sua competenza. Curare gli altri adempimenti prescritti dalla legge che siano conseguenziali agli atti ricevuti dal notaio o da lui autenticati (trascrizione, voltura catastale, deposito al Registro delle Imprese, trasmissione all'Ufficio dello Stato Civile, comunicazioni al Tribunale o al Comune, ecc...). Effettuare, salvo che ne sia dispensato, i controlli ipotecari e catastali, al fine di verificare l'appartenenza dei diritti a coloro che ne vorrebbero disporre, la congruità delle risultanze di detti Registri con i dati anagrafici delle parti stesse e l'inesistenza di cosiddette pregiudizievoli (ipoteche, sequestri, pignoramenti, ecc...).
- Verifica l'adempimento delle normative anti-riciclaggio.
Rilascia copie semplici o conformi (autenticate) degli atti da lui rogati od autenticati o comunque tenuti in deposito, nonchè eventuali estratti degli atti medesimi (dopo la cessazione dell'attività le copie degli atti si possono ottenere presso l'archivio notarile).
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P.I. 04599450873Notaio Andrea Ciancico
Notaio a Catania
Nato a Catania il 14 aprile 1977, ho conseguito il diploma di Liceo Classico presso l’istituto “Leonardo da Vinci” di Catania.
Dopo il diploma ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università degli studi di Catania e mi sono laureato nel 2002 con Tesi in Diritto Penale dal titolo “La responsabilità oggettiva”.
Nel 2007 ho superato l’esame di abilitazione per la professione di avvocato e sempre nello stesso anno, il concorso per la nomina a notaio.
Ho collaborato con la Cattedra di Diritto Commerciale della Facoltà di Giurisprudenza ed Economia e Commercio dell’Università di Catania e con la rivista “ VITA NOTARILE” – ed. BUTTITTA.
Insegno presso la Scuola Notarile Jacopo da Lentini a Catania.
Ho partecipato, in qualità di relatore, a numerosi convegni, seminari ed incontri di studio in materia societaria, di trust e tutela del patrimonio, di mediazione civile ed enfiteusi organizzati dai Consigli Notarili, dall’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e dall’Ordine degli Avvocati di Catania .
Autore di numerosi articoli in materie giuridiche e tributarie reperibili nella sezione “articoli”.
Avvocato Giuseppe Ciancico
Avvocato a Catania
Formazione:
Laurea in Giurisprudenza, Università di Catania, anno 2003
Albi professionali:
Iscritto all'Albo degli Avvocati di Catania dal 2006
Esperienze professionali:
ha maturato la propria esperienza professionale grazie alla collaborazione in primari studi professionali in Roma e Catania.
Avvocato civilista con studio in Catania, svolge attività di assistenza e consulenza legale, nonchè attività di rappresentanza e difesa in sede contenziosa e stragiudiziale, principalmente nel settore del diritto civile e prevalentemente nelle seguenti materie:
- Contrattualistica,
- Locazione e Condominio,
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- Diritto successorio,
- Diritto di famiglia,
- Trust e segregazioni patrimoniali,
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Donazione nulla se il bene va ancora diviso tra coeredi
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 16/03/2016
di Angelo Busani
La donazione di un bene altrui, anche se non sia espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa. A meno che, nell’atto di donazione, si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio.
Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla: non si può, prima della divisione, ritenere che quel singolo bene entri a far parte del patrimonio del coerede donante. È il principio di diritto sancito nella sentenza delle Sezioni unite n. 5068, depositata ieri.
La Seconda sezione della Cassazione, in ragione di una non univoca giurisprudenza di legittimità, aveva rimesso alle Sezioni unite la questione se la donazione di un bene altrui dovesse ritenersi valida, anche se inefficace (Cassazione n. 1596/2001), o nulla per il principio di divieto di donazione di beni futuri (articolo 771 del Codice civile).
In quest’ultimo caso, nei beni futuri andrebbero ricompresi tutti quelli non facenti parte nel patrimonio del donante, quindi anche i beni altrui; questa è la prevalente giurisprudenza di Cassazione (sentenze n. 3315/1979, 6544/1985, 11311/1996, 10356/2009, 12782/2013). Tutto questo ragionamento trascina con sé la questione se la norma sul divieto di donazione di beni futuri trovi applicazione, o meno, nel caso di donazione di un bene oggetto di comunione prima che sia effettuata la divisione.
Secondo le Sezioni unite nella sentenza in commento, l’appartenenza al donante del bene oggetto di donazione è elemento essenziale del contratto di donazione; pertanto, quella di cosa altrui non può essere ricondotta nello schema negoziale della donazione. In altri termini, prima ancora che per la possibile riconducibilità del bene altrui nella categoria dei beni futuri (articolo 771, comma 1, del Codice civile), la altruità del bene incide sulla possibilità stessa di comprendere il trasferimento di un bene non appartenente al donante nello schema della donazione e, quindi, sulla possibilità stessa di realizzare la causa del contratto di donazione (e, cioè, l’incremento del patrimonio del donatario con correlativo impoverimento del patrimonio del donante).
Deve quindi affermarsi, secondo la Corte nella sua composizione più autorevole, che se il bene si trova nel patrimonio del donante al momento della stipula del contratto, la donazione è valida ed efficace. Se, invece, la cosa non appartiene al donante, questi deve assumere espressamente e formalmente nell’atto l’obbligazione di procurare l’acquisto dal terzo al donatario.
La donazione di bene altrui vale, pertanto, come donazione obbligatoria, purché l’altruità sia conosciuta dal donante e tale consapevolezza risulti da un’apposita, espressa affermazione nell’atto pubblico. Se, invece, l’altruità del bene donato non risulti dal titolo e non sia nota alle parti, non potrà applicarsi la disciplina della vendita di cosa altrui. Nella stessa situazione del donante che disponga di un bene non facente parte del suo patrimonio si trova il coerede che dona uno dei beni compresi nella comunione ereditaria prima della divisione, con conseguente nullità della donazione che abbia a oggetto detto bene.
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Il prestito vitalizio ipotecario: disciplina e clausole
da Redazione Federnotizie del 9 dicembre 2015
Sommario:
- - Quadro normativo
- - Nozione, caratteristiche e peculiarità del rimborso
- - Differenze tra prestito vitalizio ipotecario e mutuo
- - Funzione
- - Convenienza, prospettive, criticità e rischi
- - Strumenti negoziali affini o alternativi
- - Rapporti con il “patto marciano”
- - Regime fiscale
- - Mancata emanazione dell’apposito Regolamento
- - Comparazione dell’istituto italiano con esperienze straniere
- - Clausole contrattuali
http://www.federnotizie.it/prestito-vitalizio-ipotecario-disciplina-clausole/print/
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Stalking se si pubblicano su facebook immagini «hard» dopo la fine della relazione
di Andrea Alberto Moramarco
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 19/02/2016
E’ configurabile il reato di stalking nel caso in cui, dopo la fine di una relazione sentimentale, chi viene lasciato decida di pubblicare sui social network immagini e video ritraenti scene sessuali della coppia al solo fine di screditare l'ex partner dinanzi ad amici e parenti, costringendo la vittima a ricorrere dallo psicologo. Questo è quanto emerge dalla sentenza 4894/2015 della Corte d'appello di Napoli .
I fatti - Il protagonista della vicenda è un uomo che, a seguito della decisione della sua partner di porre fine alla loro relazione sentimentale, aveva cominciato ad assumere un comportamento diffamatorio nei confronti della donna, insultandola pesantemente e minacciando di divulgare, se non fossero tornati insieme, a parenti e conoscenti immagini e filmati relativi ai loro rapporti sessuali. In seguito, l'uomo pubblicava effettivamente su facebook alcune fotografie che ritraevano situazioni intime della donna e creava dei falsi profili con il nome di lei inviando foto e video ai suoi familiari e persino al suo datore di lavoro, minacciando di far pervenire tale materiale anche ai figli minori della stessa donna.
In seguito alla denuncia e al processo, il Tribunale aveva condannato l'uomo oltre che per minaccia e diffamazione anche per il reato di stalking, in quanto la donna dopo la divulgazione di quelle particolari immagini era caduta in un grave stato di ansia e di paura, al punto tale da modificare le proprie abitudini di vita e ricorrere al sostegno di un medico psicologo.La decisione - La questione arriva in appello dove la difesa dell'imputato cerca di rileggere la vicenda sminuendo il comportamento dell'uomo e riconducendo tutto l'accaduto ai rapporti turbolenti tra i due, ovvero ad un epilogo burrascoso di una relazione sentimentale. La Corte d'appello non è però dello stesso avviso e conferma pienamente la decisione del Tribunale. Per i giudici, infatti, è stato ampiamente dimostrato in sede processuale che l'uomo ha divulgato immagini che hanno screditato la sua ex dinanzi ad amici e parenti «rappresentandola come assetata di avventure sessuali». Ciò ha si è tradotto in una vera e propria «persecuzione psicologica» che ha costretto la donna a ricorrere ad uno psicologo perché turbata dalla possibilità che nuove divulgazioni di immagini potessero arrecare disturbi a lei e soprattutto ai suoi familiari di età avanzata. Condotte di questo tipo– affermano i giudici - sono «particolarmente invasive sotto il profilo psicologico» e tali da configurare il reato di stalking.
Abuso del diritto, triplo vincolo
di Angelo Busani
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 27/01/2016
Come si traduce in pratica, nella quotidiana vita professionale, il concetto di “abuso del diritto”?
Si tratta di un’espressione che è finalmente stata codificata (dal Dlgs 128/2015, il quale ha introdotto l’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente) e quindi sottratta – in mancanza di una sua definizione normativa – alla completa discrezionalità dell’amministrazione e della giurisprudenza, ma che appunto necessita di essere calata nella realtà delle operazioni di tutti i giorni.
Cerca di perseguire questo obiettivo loStudio n. 151-2015/T del Consiglio Nazionale del Notariato , di recente diffuso, il quale si propone dunque di dare una visione concreta del fatto che «configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti».
L’inquadramento dell’abuso
Si osserva anzitutto che il nuovo articolo 10-bis dello Statuto delinea l’abuso non più come un limite all’autonomia negoziale ma come garanzia della libertà di scelta del contribuente tra diverse operazioni comportanti un diverso carico fiscale e, quindi, della facoltà di optare anche per quella meno onerosa. Questa nuova concezione, non più come disciplina recante obblighi o divieti ma come procedura di garanzia per il contribuente, è evidenziata anche dal posizionamento della normativa in questione nell’articolo 10-bis dello Statuto del Contribuente, e cioè a cavallo tra l’articolo 10 che si occupa dell’affidamento del contribuente e l’articolo 11 che si occupa dell’interpello in generale.Inoltre, introducendo questa nuova concezione dell’abuso, il legislatore ha inteso delineare una figura residuale, configurabile nei casi in cui non vi sia una violazione di legge (nei quali si configura invece l’evasione).
Infine, con la codificazione della nozione di abuso, si intende contrastare il rischio dell’indeterminatezza nella gestione del potere dell’amministrazione e si introduce una procedura di garanzia per il contribuente nel caso di contestazione dell’abuso, pena la nullità degli atti amministrativi emanati in difformità da detta procedura.
La «sostanza economica»
Sono dunque anzitutto elusive le operazioni che siano «prive di sostanza economica» (ed è l’amministrazione che deve darne prova). Si tratta dell’adeguatezza degli strumenti giuridici prescelti dal contribuente rispetto agli obiettivi e agli effetti economici che si intendano perseguire con una data operazione. Vale a dire che si deve avere: una “non coerenza” tra la qualificazione delle singole operazioni e il loro fondamento giuridico; e una “non conformità” degli strumenti giuridici utilizzati rispetto a normali logiche di mercato.Il vantaggio fiscale indebito
Per esserci elusione, vi devono essere anche «vantaggi fiscali indebiti»: e cioè vantaggi non vietati, ma comunque “disapprovati” dal sistema tributario: si tratta cioè della realizzazione di benefici che debbono essere stati realizzati formalmente in conformità a disposizioni fiscali, ma che, nella sostanza, sono in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario (come è evidenziato, ad esempio, dal fatto che vi sia, nel caso concreto, una oggettiva assenza di sostanza economica).Il concetto di «essenzialità»
Si ha elusione quando un operazione persegua «essenzialmente» vantaggi fiscali indebiti. Pertanto, non possono essere considerate abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondano a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente.L’imposta di registro
La legificazione del concetto di abuso toglie all’articolo 20 dpr 131/1986 ogni funzione di presidiare l’elusione. L’articolo 20 torna quindi alla sua originaria funzione (quella di tassare la sostanza negoziale, al di là della forma apparente) e si dovrebbe chiudere definitivamente ogni questione sul punto se si debba aver riguardo anche agli effetti economici delle operazioni oltre ai loro effetti giuridici, in quanto la codificazione della nozione di abuso indica decisamente che quest’ultima è la direzione da seguire, anche se indubbiamente la Cassazione (sentenze n. 24258/2015 e 20050/2015) sembra resistere sulle posizioni del passato.______________________________________________
Prima casa, bonus «allargato»
di Angelo Busani
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 25/01/2016
La legge di Stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208) ha introdotto, con effetto dal primo gennaio 2016, un nuovo presupposto applicativo dell'agevolazione “prima casa”: infatti, l'articolo 1, comma 55, aggiungendo il nuovo comma 4-bis alla nota II-bis, tariffa, parte prima, allegata al Dpr 26 aprile 1986, numero 131 (il testo unico dell'imposta di registro), in certi casi permette ora al contribuente che intenda nuovamente beneficiare dell'agevolazione “prima casa”, ma che abbia la titolarità di un diritto impediente l'avvalimento dell'agevolazione stessa, di non dover più dismettere (come accadeva fino al 31 dicembre 2015) detta titolarità entro il momento di stipula del nuovo acquisto agevolato, ma di poter effettuare detta dismissione entro un anno dalla data del nuovo acquisto agevolato.
La materia è stata oggetto di approfondimento da parte del consiglio nazionale del Notariato (studio tributario 5-2016/T, di recente diffusione).
Per comprendere la novità normativa in commento occorre richiamare taluni dei presupposti al cui ricorrere è condizionata la concessione dell'agevolazione “prima casa”:
a) la predetta nota II-bis, comma 1, alla lettera c), contiene la norma (recante il presupposto della cosiddetta “novità” dell'agevolazione “prima casa”) in base al quale la concessione dell'agevolazione “prima casa” è condizionata dal fatto che l'acquirente non sia «titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni» tempo per tempo disposte dalle normativa in tema di acquisto della “prima casa”;
b) la medesima nota II-bis, comma 1, alla lettera b), contiene, a sua volta, la norma (recante il presupposto della cosiddetta “impossidenza”) in base al quale in tanto l'agevolazione “prima casa” compete in quanto l'acquirente non sia «titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare».
Coordinando, dunque, il disposto della Nota II-bis, comma 1, lettera b) e c), con il disposto del nuovo comma 4-bis della nota II-bis, ne consegue che la situazione di “prepossidenza” di un'altra abitazione si rende ostativa alla concessione di una ulteriore agevolazione “prima casa” salvo che si renda possibile la alienazione infrannuale di cui oltre, nel senso che:
a) se si tratta di una “prepossidenza” provocata da un acquisto effettuato con le agevolazioni disposte dalle norme indicate nella nota II-bis, comma 1, lettera c), tale “prepossidenza” non è ostativa all'ottenimento di una nuova agevolazione “prima casa” qualora si abbia l'alienazione di detta prepossidenza entro un anno dal nuovo acquisto agevolato;
b) se invece si tratta di una “prepossidenza” non provocata da un acquisto effettuato con le agevolazioni disposte dalle norme indicate nella nota II-bis, comma 1, lettera c) (ad esempio: si tratta di un acquisto per successione ereditaria o un acquisto mediante un contratto di compravendita non agevolato), tale “prepossidenza” si rende ostativa all'ottenimento di una nuova agevolazione “prima casa” anche se si abbia l'alienazione di detta prepossidenza entro un anno dal nuovo acquisto agevolato.
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Truffa al Bancomat? La banca è responsabile
di Patrizia Maciocchi
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 20/01/2016
La banca deve garantire la sicurezza del servizio bancomat per le manomissioni di terzi, anche quando il titolare della carta non la blocca immediatamente e non fa attenzione a nascondere il Pin quando lo digita. La Cassazione, con la sentenza 806, ribalta un doppio verdetto sfavorevole al ricorrente, riconoscendo la fondatezza dei suoi motivi.
Il correntista della banca aveva tentato di eseguire un prelievo bancomat ma l’apparecchio, dopo aver trattenuto la carta, aveva visualizzato la scritta «carta illeggibile» seguita da «sportello fuori servizio». Un inconveniente che il cliente aveva segnalato al vicedirettore della filiale, che lo aveva invitato a passare il giorno dopo; consiglio seguito, senza però rientrare in possesso della carta, che non era stata trovata. Trascorsi un paio di giorni il correntista si era accorto che dal suo conto erano stati prelevati circa 7mila euro, un “salasso” del quale aveva messo al corrente per iscritto il funzionario, aspettando però ancora 24 ore prima di denunciare il tutto all’autorità giudiziaria.
Per il Tribunale e per la Corte d’appello, il cliente è il solo responsabile di quanto accaduto. Lo “sprovveduto” correntista era stato vittima di una truffa da parte di uno sconosciuto che aveva prima manomesso il bancomat, poi si era avvicinato al ricorrente in difficoltà e con la scusa di aiutarlo aveva memorizzato il codice. Per i giudici di merito, a fronte di un comportamento così poco accorto - aggravato dal mancato blocco della carta - la banca non aveva colpe.
Di parere diverso la Cassazione, secondo la quale l’istituto di credito è venuto meno al suo dovere di diligenza professionale (articolo 1176, secondo comma, del Codice civile). Il vice direttore che ha raccolto la denuncia sul cattivo funzionamento del bancomat, invece di mettersi in allarme per la sottrazione della carta da parte dello sportello, ha rimandato il controllo al giorno successivo. Presenta profili di colpevolezza anche l’omessa verifica, attraverso il circuito delle telecamere, della manomissione del dispositivo da parte di terzi. Elementi che la Corte d’appello non doveva sottovalutare.
La Cassazione ricorda che in una caso come quello esaminato, a fronte di un’esplicita richiesta della parte, i giudici dovevano verificare che l’istituto bancario avesse adottato tutte le misure idonee a garantire la sicurezza. Per la Suprema corte, «la diligenza posta a carico del professionista ha natura tecnica e deve essere valutata tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento ed assumendo quindi come parametro la figura dell’accorto banchiere».
Il Codice civile non precisa la misura della diligenza nelle obbligazioni relative all’esercizio di un’attività professionale: la valutazione, di carattere tecnico, va commisurata alla natura dell’attività e, in particolare, all’obbligo di custodia di uno strumento che è esposto al pubblico ed eroga denaro. La Corte d’appello dovrà ora tenere conto non solo di ciò che l’istituto non ha fatto, come il mancato esame delle telecamere, ma anche di ciò che ha fatto sbagliando, come l’ambigua indicazione di tornare il giorno dopo senza consigliare l’immediato blocco della carta. Inoltre, la Corte aveva trascurato del tutto la questione di prelievo di molto superiore al plafond contrattuale: 7.000 euro a fronte dei 2.500 consentiti.
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Il comodato non vale per l’acquirente
di Angelo Busani
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 19/01/2016
In caso di compravendita di un bene immobile concesso in comodato, questa situazione non è “opponibile” all’acquirente, nel senso che questi può pretendere che il comodatario cessi immediatamente il godimento del bene e attribuisca all’acquirente la piena disponibilità della cosa concessa in comodato. È quanto deciso dalla Cassazione nella sentenza n. 664 del 18 gennaio 2016.
Ai sensi dell’articolo 1803 del codice civile, il comodato è il contratto in forza del quale una parte (il comodante) consegna all’altra (il comodatario) una cosa mobile o immobile allo scopo di consentire a quest’ultima di servirsene per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. In altri termini, il comodatario è titolare di diritto personale di godimento, con la conseguenza che si tratta di un diritto non opponibile all’avente causa del comodante nella titolarità del bene di cui il comodatario ha il godimento.
Il comodato è un contratto a titolo gratuito, nel senso che il comodatario non deve al comodante alcun corrispettivo per il godimento del bene oggetto del comodato. Il comodatario è comunque tenuto a custodire e a conservare con la diligenza del buon padre di famiglia il bene che gli è concesso in comodato: il comodatario può dunque utilizzarlo per l’uso stabilito nel contratto o per l’uso derivante dalla natura del bene stesso.
Il comodatario deve far restituzione della cosa concessagli in comodato entro il termine convenuto nel contratto; mancando un’indicazione espressa di questo termine, il bene va riconsegnato una volta che il comodatario se ne sia servito in conformità al contratto di comodato. La legge comunque consente al comodante di domandare la restituzione della cosa concessa in utilizzo al comodatario anche prima dalla scadenza pattuita: infatti, qualora sopravvenga un urgente e imprevisto bisogno del comodante durante il decorso del termine convenuto o prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, il comodante può pretendere la restituzione immediata della cosa concessa in comodato. Ancora, quando il comodato sia stato stipulato senza determinazione di durata, la legge impone al comodatario la restituzione a semplice richiesta del comodante.
A causa della menzionata sua natura di diritto personale di godimento, il diritto del comodatario non è dotato delle tipica caratteristica dei diritti reali, e cioè quella consistente nell’imprimersi sul bene che è oggetto del diritto per “seguirlo” in qualunque situazione esso si venga a trovare: ad esempio, se un dato bene sia gravato da un diritto di servitù o da un diritto di usufrutto, l’alienazione di quel bene non pregiudica l’esercizio di quella servitù o di quell’usufrutto, in quanto si tratta di diritti che, essendo impressi sul bene, si impongono a qualsiasi terzo che diventi titolare di quel bene.
Pertanto, se venga alienata una cosa che sia concessa in comodato, il comodatario non può far valere il proprio diritto verso il nuovo proprietario: questi può dunque pretendere che il comodatario cessi il suo utilizzo del bene e metta il nuovo proprietario nella condizione di poter pienamente disporre del bene in questione. Né al comodato è applicabile l’articolo 1599 del codice civile che permette l’opponibilità all’acquirente della locazione di data certa anteriore alla compravendita: secondo la sentenza in commento, le norme della locazione non si rendono infatti applicabili al comodato.
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Successioni mortis causa: indegnità a succedere
a cura della Redazione Lex 24
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 18/01/2016
Successioni mortis causa - Casi di indegnità di succedere – Ipotesi di formazione ed uso di testamento falso - Rilevanza.
La formazione o l'uso consapevole di un testamento falso è causa d'indegnità a succedere se chi viene a trovarsi nella posizione d'indegno non provi di non aver inteso offendere la volontà del “de cuius”, perché il contenuto della disposizione corrisponde a tale volontà e il “de cuius” aveva acconsentito alla compilazione della scheda da parte di lui nell'eventualità che non fosse riuscito a farla di persona ovvero che il “de cuius” aveva la ferma intenzione di provvedervi per evitare la successione “ab intestato”.
• Corte cassazione, sezione II, sentenza 4 dicembre 2015 n. 24752Successioni mortis causa - Indegnità a succedere - Rilevabilità di ufficio - Esclusione - Fondamento.
L'indegnità a succedere di cui all'art. 463 cod. civ . pur essendo operativa “ipso iure”, deve essere dichiarata con sentenza costitutiva su domanda del soggetto interessato, atteso che essa non costituisce un'ipotesi di incapacità all'acquisto dell'eredità, ma solo una causa di esclusione dalla successione.
• Corte cassazione, sezione II, sentenza 5 marzo 2009 n. 5402Successioni mortis causa - Erede testamentario - Indegnità a succedere per captazione della volontà del testatore alla redazione di una certa disposizione - Caratteristiche.
La dichiarazione d'indegnità a succedere, ai sensi dell'art. 463, n. 4), cod. civ ., per captazione della volontà testamentaria, richiede la dimostrazione dell'uso, da parte sua, di mezzi fraudolenti tali da trarre in inganno il testatore, suscitando in lui false rappresentazioni ed orientando la sua volontà in un senso in cui non si sarebbe spontaneamente indirizzata.
• Corte cassazione, sezione II, sentenza 30 ottobre 2008 n. 26258Successioni mortis causa - Indegnità a succedere per aver celato il testamento - Finalità - Occultamento della volontà del testatore - Testamento pubblico e coincidenza soggettiva dell'erede designato con l'accusato d'indegnità - Configurabilità della predetta ipotesi - Esclusione.
L'ipotesi di indegnità a succedere sancita dall'art. 463, n. 5. cod. civ . rientra tra quelle dirette a ledere la libertà di testare e, conseguentemente, richiede un comportamento che abbia impedito il realizzarsi delle ultime volontà del testatore, contenute nella scheda celata. Deve escludersi l'applicazione della norma quando l'esistenza del testamento non può essere occultata perché redatto in forma pubblica e quando colui contro il quale si rivolge l'accusa d'indegnità sia il successore legittimo e l'erede ivi designato.
• Corte cassazione, sezione II, sentenza 9 aprile 2008 n. 9274Successioni mortis causa - Indegnità di succedere - Natura - Incapacità a succedere - Configurabilità - Accertamento da parte del giudice.
Ai sensi dell'art. 463 cod. civ . l'indegnità a succedere non integra un'ipotesi di incapacità all'acquisto dell'eredità ma è causa di esclusione dalla successione. L'indegnità, come configurata dal legislatore, non è uno “status” connaturato al soggetto che si assume essere indegno a succedere, ma una qualificazione di un comportamento del soggetto medesimo, che deve essere data dal giudice a seguito dell'accertamento del fatto che integra quella determinata ipotesi di indegnità dedotta in giudizio, e che si sostanzia in una vera e propria sanzione civile di carattere patrimoniale avente un fondamento pubblicistico.
• Corte cassazione, sezione II, sentenza 29 marzo 2006 n. 7266______________________________________________
IMPOSTA UNICA COMUNALE (IUC) - 2016 -
del 13/01/2016
http://www.federnotizie.it/imposta-unica-comunale-iuc-anno-2016/
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LA RIDETERMINAZIONE DEL VALORE DEI TERRENI - ANNO 2016
del 07/01/2016
http://www.federnotizie.it/la-rideterminazione-del-valore-dei-terreni-anno-2016/
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Riforma fallimenti, il Ddl accelera
di Alessandro Galimberti
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 05/01/2016
La riforma “vera” del diritto fallimentare - dopo il provvedimento tampone della scorsa estate (dl 83/2015, convertito nella legge 132/15) - accelera e si candida a essere uno dei primi interventi normativi del 2016. Lo ha sottolineato il premier Matteo Renzi in un passaggio dl suo intervento di ieri in piazza Affari, l’occasione il debutto del titolo Ferrari in Borsa.
«La politica - ha detto il presidente del Consiglio - deve fare ancora molto anche nel 2016: penso alle banche di credito cooperativo, al diritto fallimentare che deve cambiare, alle partecipate, all’agenda digitale». Affermazione, questa, che corrobora il messaggio con cui la scorsa settimana il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, aveva annunciato l’invio all’esame di Palazzo Chigi del disegno di legge di riforma complessiva della normativa sulle procedure concorsuali, un intervento testualmente «rivoluzionario» sulla vecchia e più volte emendata legge del 1942 .
I capisaldi del disegno di legge, ispirati dai lavori della Commissione Rordorf istituita giusto un anno fa, sono cinque, dalla procedura di allerta e mediazione al nuovoconcordato preventivo , dagli accordi di ristrutturazione alle nuove regole suiprivilegi e prededuzioni fino alla revisione della amministrazione straordinaria, con il corollario della specializzazione dei magistrati.
La procedura di allerta sarà una segnalazione che parte dagli organi di controllo interno - o da creditori qualificati - per fare emergere la crisi in un momento in cui è ancora gestibile, destinatario l’organo amministrativo dell’impresa (o l’imprenditore individuale, nel caso) . In caso di inerzia, il debitore potrà rivolgersi all’Organismo di composizione della crisi per l’avvio di un tentativo di soluzione in via riservata. La scelta del legislatore, quindi, sembra quella di voler gestire la crisi dell’impresa evitando danni reputazionali all’imprenditore in difficoltà. Una scelta, quella del basso profilo anche linguistico, che coerentemente farà sparire dal vocabolario di settore la parola «fallimento» e «fallito», considerate oggi, 73 anni dopo il debutto della legge tuttora vigente, uno stigma del tutto anacronistico.
Nella bozza Rordorf , che sarà comunque il punto di partenza e forse qualcosa in più per Palazzo Chigi, cambia anche il concordato preventivo, in cerca di un punto di equilibrio tra gli estremi toccati con le ultime riforme, in cui la tutela del credito era spesso passata in second’ordine, per usare un eufemismo. In questo contesto va letta, tra l’altro, la legittimazione del terzo creditore ad attivare il concordato preventivo nei confronti del debitore insolvente. Il tribunale, nella versione Rordorf, nella valutazione di fattibilità dovrà far riferimento ai consolidati orientamenti della Cassazione, ma senza riguardo alle soglie di soddisfacimento già previste, peraltro, nella miniriforma estiva.
Quanto agli accordi di ristrutturazione, il Ddl consente l’estensione degli effetti anche ai non aderenti, ma a condizione che l’accordo rappresenti almeno il 75% dei crediti. In vista anche una revisione generale dei privilegi - sia generali sia speciali - considerati «non più attuali» - e il contenimento delle ipotesi di prededuzione,per evitare che l’attivo delle procedure sia assorbito dai crediti appunto prededucibili.
Infine l’amministrazione straordinaria confluisce in un’unica procedura fondata su «concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economico». Quanto alla specializzazione dei magistrati, varrà la tripartizione tribunale delle imprese (per le procedure più grandi), tribunali ordinari (sovraindebitamento) e pochi tribunali “target” per le procedure restanti.
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Novità normative 2016 (varie)
Scritto da Valentina Rubertelli e Annalisa Annoni il 27 dicembre 2015
A partire dal giorno 1 gennaio 2016 entreranno in vigore molte novità normative, fra cui si evidenziano in particolare le seguenti:
- Agevolazione prima casa
- Detrazione del 50% dell’IVA per acquisto immobili in classe A o B
- Acquisto oneroso di terreni agricoli
- Estensione delle agevolazioni della PPC
- Agevolazioni fiscali in materia di edilizia convenzionata
- Esenzione/riduzione IMUe TASI
- Risparmio energetico e recupero edilizio, bonus del 50-65% prorogati per il 2016
- Per le giovani coppie, anche conviventi, uno sconto del 50% sui mobili
- Le “società benefit”
- Associazione in partecipazione
Agevolazione prima casa
Nel quadro della disciplina dell’agevolazione sull’acquisto della”prima casa” (imposta di registro 2% o Iva 4% + imposte ipotecaria e catastale fisse), contenuta nella nota II-bis all’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al DPR n 131/86, viene introdotta una nuova previsione – il comma 4-bis -che ha l’intento di agevolare l’accesso al trattamento di favore anche a chi è già in possesso di un’abitazione acquistata con i benefici fiscali, purché questa venga alienata entro un anno dal nuovo acquisto.
La legge, più precisamente, statuisce che l’agevolazione si applica anche “agli atti di acquisto per i quali l’acquirente non soddisfa il requisito di cui alla lettera c) del comma 1, e per i quali i requisiti di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma si verificano senza tener conto dell’immobile acquistato con le agevolazioni elencate nella lettera c), a condizione che quest’ultimo immobile sia alienato entro un anno dalla data dell’atto. In mancanza di detta alienazione, all’ atto di cui al periodo precedente si applica quanto previsto dal comma 4”.
In altre parole, il contribuente che è titolare, anche pro quota, di un’abitazione acquistata con l’agevolazione “prima casa” nel medesimo o in Comune diverso da quello interessato, potrà acquistare un nuovo alloggio fruendo dell’agevolazione a condizione che sussistano, con riferimento a tale alloggio, tutti i requisiti propri di detta agevolazione (acquisto oneroso, categoria catastale diversa da A/1, A/8 o A/9; residenza nel Comune in cui si trova l’immobile ovvero trasferimento nel medesimo della residenza entro 18 mesi dall’atto).
Egli potrà, quindi, invocare le agevolazioni in questione anche se abbia tuttora intestato, o nel medesimo Comune o sul resto del territorio nazionale, altra casa di abitazione acquistata con le agevolazioni fiscali in oggetto, il tutto a condizione che proceda ad alienarla (poco importa se a titolo oneroso o gratuito) entro un anno dalla data dell’atto del nuovo acquisto; la mancata realizzazione di questa condizione comporta la decadenza dell’agevolazione e l’obbligo di pagare la differenza d’imposta unitamente alla sanzione del 30%.
Una criticità del sistema è rappresentata dal fatto che, a giudicare dalla lettera della norma, sembrerebbe non essere più impeditivo il possesso di una abitazione nel medesimo Comune se acquistata con agevolazioni, mentre una acquistata senza agevolazioni (si pensi all’acquisto per successione, donazione o con aliquota piena) risulterebbe, al contrario, impeditiva.Altra problematica è rappresentata dalla circostanza che la lettera della norma sembra riferirsi solo alle agevolazioni prima casa previste in materia di imposta di registro, non anche a quelle relative ai trasferimenti soggetti ad IVA: occorrerà un chiarimento sul punto.
Ulteriore distonia è quella rappresentata dal credito d’imposta per il riacquisto, che spetta a chi venda una prima casa e poi riacquisti un’altra “prima casa” entro un anno da detta vendita. Dato che la nuova normativa contenuta nella legge di Stabilità del 2016 permette (ai fini della agevolazione “prima casa”) la vendita posteriore al nuovo acquisto, non si realizzerebbe in tale circostanza la richiesta sequenza (vendita/acquisto) che costituisce il presupposto per maturare il credito d’imposta.Detrazione del 50% dell’IVA per acquisto immobili in classe A o B
Sull’acquisto effettuato dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016 di unità immobiliari a destinazione residenziale di classe energetica A o B, cedute da imprese costruttrici, scatta la detrazione IRPEF, dall’imposta lorda, del 50% dell’IVA versata sul corrispettivo d’acquisto e ripartita in dieci quote costanti nell’anno in cui sono state sostenute le spese e nei nove periodi d’imposta successivi.
Si ritiene che tale detrazione si applichi in tutti i casi in cui la vendita sia soggetta ad IVA, cioè sia qualora avvenga nei 5 anni dalla fine lavori, sia dopo tale data qualora l’impresa eserciti l’opzione per l’assoggettamento ad IVA. La norma parla esplicitamente solo di imprese costruttrici ma secondo i primi commentatori sarebbe auspicabile che venisse in seguito fornita una interpretazione tale da estendere il trattamento di favore anche alle imprese “ristrutturatrici”.
Acquisto oneroso di terreni agricoli
L’aliquota dell’ imposta di registro viene aumentata dal 12 al 15 per cento.
Estensione delle agevolazioni della PPC
Tali agevolazioni vengono estese anche al coniuge o ai parenti in linea retta coltivatori diretti conviventi di soggetto avente i requisiti di legge, nonché a favore di proprietari di masi chiusi, a condizione
- che l’acquisto sia a titolo oneroso,
- di essere già proprietari di terreni agricoli,
- non è necessario che siano iscritti alla gestione previdenziale dell’INPS né che che rispettino i requisisti di cui al comma 4-bis dell’art. 2 della Legge 194/2009, potendo questi essere riferiti al convivente coniuge o parente.
Agevolazioni fiscali in materia di edilizia convenzionata
Con una previsione qualificata come interpretativa secondo l’accezione dello statuto del contribuente il DDL Stabilità provvede a chiarire che l’art 32, comma 2, del DPR 601/1973, si interpreta nel senso che l’imposta di registro in misura fissa e l’esenzione dalle imposte ipotecaria e catastale si applicano agli atti di trasferimento della proprietà delle aree rientranti negli interventi di edilizia convenzionata ex lege 865/1971 (aree produttive ed aree su cui insistono abitazioni economiche e popolari) indipendentemente dal titolo di acquisizione della proprietà da parte degli enti locali.
Esenzione/riduzione IMU e TASI
L’abitazione principale sarà totalmente esente da IMU e TASI per proprietari ed inquilini, a condizione che non si tratti di immobili ricadenti nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9.
L’esenzione si applica anche:
- nel caso si tratti di casa coniugale assegnata al coniuge in occasione di un procedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;
- nel caso in cui si tratti di immobili che appartengano a cooperative edilizia a proprietà indivisa e siano adibiti ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché – a seguito della legge Stabilità 2016 – qualora siano assegnati a soci studenti universitari anche in deroga al requisito della residenza anagrafica;
- nel caso di alloggi cosiddetti sociali;
- nel caso di alloggi non locati appartenenti a dipendenti delle Forze Armate trasferiti per motivi di lavoro.
La base imponibile ai fini del pagamento di IMU e TASI a partire dal 1° gennaio 2016 sarà ridotta al 50% per le unità immobiliari, fatta eccezione per quelle classificate in categoria catastale A/1, A/8 e A/9, concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado (figli o genitori) a condizione:
- che il contratto di comodato sia registrato;
- che il comodatario utilizzi il bene in questione quale propria abitazione principale;
- che il bene oggetto di comodato non appartenga alle categorie catastali A/1, A/8 o A/9;
- che il comodante, oltre al bene oggetto di comodato, sia titolare al più di un solo altro immobile adibito a sua abitazione principale in tutto il territorio nazionale, compreso il caso in cui si trovi nel medesimo Comune del bene oggetto di comodato, e purché quest’ultimo immobile non appartenga alle categorie catastali A/1, A/8 o A/9.
Per le unità immobiliari concesse in locazione a canone concordato IMU e TASI si applicano con un abbattimento del 25%.
Per i terreni agricoli si conferma l’esenzione totale IMU relativa ai beni posseduti condotti da coltivatori diretti e da soggetti in possesso della qualifica di IAP iscritti nella previdenza agricola. La definizione dei terreni collinari montani, esenti da IMU a prescindere dalla qualifica del possessore, torna ad essere ricollegata alla elencazione contenuta nella circolare 9 del 1993.
Risparmio energetico e recupero edilizio, bonus del 50-65% prorogati nel 2016
Saranno prorogati al 31 dicembre 2016 tutti i bonus edilizi, cioè quelli per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, per il risparmio energetico “qualificato” degli edifici, per le schermature solari, per gli impianti di climatizzazione invernale dotati di calore alimentati da biomasse combustibili e per le misure antisismiche.
Per le giovani coppie, anche conviventi more uxorio, uno sconto del 50% sui mobili
Il Ddl di Stabilità 2016, oltre a prevedere la proroga al 31 dicembre 2016 del bonus generale del 50% sull’acquisto (nel limite di 10.000,00 euro di spesa) dei mobili e dei grandi elettrodomestici (sempre finalizzati ad arredare le abitazioni ristrutturate e per le quali si beneficia, dopo il 26 giugno 2012, del relativo incentivo IRPEF del 50%), introduce una nuova detrazione IRPEF del 50% per le “giovani coppie” per l’acquisto di mobili (non per i grandi elettrodomestici) ad arredo dell’unità immobiliare, acquistata dagli stessi e “da adibire ad abitazione principale”.
Il limite delle spese agevolabili è di 16.000,00 euro, quindi, la detrazione IRPEF massima sarà di 8.000,00 euro. Questa dovrà essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Le spese dovranno essere sostenute, cioè pagate, nel 2016.
Relativamente all’ambito soggettivo, le giovani coppie devono, prima del pagamento della spesa (anche il giorno prima):- costituire un nucleo familiare composto di coniugi, ovvero risultare conviventi da almeno tre anni;
- dimostrare di non aver superato, almeno con riferimento a uno dei due componenti, i 35 anni di età.
A differenza di quanto avviene per l’altro bonus mobili e grandi elettrodomestici – dove è necessario effettuare prima i lavori edili e beneficiare della relativa agevolazione -, per il nuovo bonus mobili (non elettrodomestici) è necessario che gli acquisti siano finalizzati ad arredare un’unità immobiliare acquistata dalla giovane coppia anche per quote non uguali, e che questa sia da adibire ad abitazione principale (non è indicato un termine entro cui rispettare quest’ultimo requisito).
Anche se per “abitazione principale” si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente (articolo 10, comma 3-bis, TUIR), si ritiene che siano agevolate solo le unità immobiliari, acquistate da entrambi i componenti la giovane coppia, in quanto la norma parla di “acquirenti di unità immobiliari”.
Criteri di determinazione della rendita catastale di immobili a destinazione speciale in categoria D ed E
Dal giorno 1 gennaio 2016 la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale (categorie catastali dei gruppi D ed E) è effettuata tramite stima diretta tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità nei limiti dell’ordinario apprezzamento.
Le “società benefit”
Vengono dettate una serie di disposizioni finalizzate a promuovere la costituzione di una nuova figura societaria, la “società benefit”, che, nell’esercizio di un’attività economica a scopo di lucro, persegue anche una o più finalità di beneficio comune.
Si tratta quindi di un’ulteriore figura che si inserisce nell’ambito del terzo settore, pur mantenendo a pieno lo scopo lucrativo e non costituendo un nuovo tipo sociale. In questo si differenzia dall’impresa sociale alla quale è vietata in forma sia diretta che indiretta la distribuzione di utili o avanzi di gestione, nonché di fondi e riserve in favore di amministratori, soci, partecipanti, lavoratori e collaboratori.
L’Italia sarà la prima nazione in Europa ad introdurre nel suo ordinamento questa figura.
Per “beneficio comune” si intende il perseguimento, nell’esercizio dell’attività economica della società benefit, di uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, su una o più delle seguenti categorie: persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.
Queste società potranno essere costituite in una qualsiasi forma giuridica prevista nel Codice civile, potendo adottare la forma di società di persone, di capitali ed anche di cooperative e mutue assicuratrici. Esse dovranno, oltre che destinare i propri utili ai soci, anche dichiarare nel proprio oggetto sociale che tipo di ricadute positive avrà la loro azione sul territorio e sulla comunità dove operano, vincolando quindi le decisioni degli amministratori.Si tratta quindi di una società che si caratterizza:
- per la peculiarità del proprio oggetto sociale che, come detto, deve indicare le finalità di “beneficio comune”;
- per essere amministrate in modo da bilanciare gli interessi dei soci, il perseguimento delle finalità di beneficio comune e gli interessi delle categorie sopra già elencate;
- per la possibilità di introdurre, accanto alla denominazione sociale, le parole: “Società benefit” o l’abbreviazione “SB”e utilizzare tale denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni verso terzi;
- per l’obbligo di operare “in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni e altri portatori di interesse”.
Per garantire la trasparenza del proprio operato, la società benefit sarà tenuta a redigere annualmente una relazione concernente il perseguimento del beneficio comune, da allegare al bilancio societario, e che include:
- la descrizione degli obiettivi specifici, delle modalità e delle azioni attuati dagli amministratori per il perseguimento delle finalità di beneficio comune e delle eventuali circostanze che lo hanno impedito o rallentato;
- la valutazione dell’impatto generato utilizzando lo standard di valutazione esterno con caratteristiche peculiari e che comprende specifiche aree di valutazione;
- una sezione dedicata alla descrizione dei nuovi obiettivi che la società intende perseguire nell’esercizio successivo.
La relazione annuale dovrà essere pubblicata nel sito internet della società, qualora esistente.
La società benefit che non persegua le finalità di beneficio comune è soggetta alle disposizioni di cui al decreto legislativo 2 agosto 2007 n. 145, in materia di pubblicità ingannevole, e alle disposizioni del Codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005 n. 206.Innalzamento soglia contante
Viene disposto l’innalzamento da mille euro a tremila euro della soglia di limitazione all’uso del contante e dei titoli al portatore.
Associazione in partecipazione
Si ricorda infine che il cosiddetto “Jobs Act” ha anche inciso sulla disciplina del contratto di associazione in partecipazione, stabilendo che ove l’associato sia una persona fisica, il suo apporto non può consistere, né in tutto né in parte, in una prestazione lavorativa. Ecco il testo della norma nella sua versione aggiornata:
“Art. 2549. Nozione.
1. Con il contratto di associazione in partecipazione l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto.
2- Nel caso in cui l’associato sia una persona fisica l’apporto di cui al primo comma non può consistere, nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro.”
Articolo pubblicato sul sito di Federnotizie: http://www.federnotizie.it______________________________________________
Limitazione della responsabilità dell'erede per debiti ereditari
a cura della Redazione Lex 24
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 08/12/2015
Contenzioso tributario - Accettazione con beneficio di inventario - Esclusione della responsabilità dell'erede ultra vires - Proposizione dell'eccezione in sede di riscossione - Ammissibilità - Esclusione - Fondamento.
L'erede che abbia accettato con beneficio d'inventario deve far valere il vizio proprio dell'atto impositivo con cui l'Amministrazione finanziaria pretenda nei suoi confronti il pagamento dell'intera imposta ereditaria con l'impugnazione dell'avviso di accertamento o di liquidazione, non potendo più eccepire, nel giudizio avente ad oggetto la cartella di pagamento, la sua ridotta responsabilità derivante dall'accettazione beneficiata, attesa la preclusione connessa alla definitività dell'atto impositivo non impugnato.
• Corte cassazione, sezione V, sentenza 11 novembre 2015 n. 23061
Successioni mortis causa - Imposta sulle successioni - Accettazione con beneficio d'inventario - Esclusione della responsabilità dell'erede ultra vires - Opponibilità all'erario - Sussistenza - Conseguenze - Esigibilità dell'imposta prima della chiusura della procedura di liquidazione dell'eredità beneficiata - Esclusione.
La limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti ereditari - derivante dall'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario - è opponibile a qualsiasi creditore, ivi compreso l'erario, che, di conseguenza, pur potendo procedere alla notifica dell'avviso di liquidazione nei confronti dell'erede, non può esigere l'imposta ipotecaria, catastale o di successione sino a quando non si sia chiusa la procedura di liquidazione dei debiti ereditari, e sempre che sussista un residuo attivo in favore dell'erede.
• Corte cassazione, sezione VI - 5, ordinanza 15 luglio 2015 n. 14847
Successioni mortis causa - Accettazione dell'eredità con beneficio di inventario - Responsabilità per debiti ereditari - Limitazione intra vires hereditatis – Eccezione sollevata dall'erede nel giudizio di cognizione - Necessità - Deducibilità della qualità di erede beneficiato per la prima volta in sede esecutiva - Esclusione.
L'accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, determinando la limitazione della responsabilità dell'erede per i debiti del "de cuius" entro il valore dei beni a lui pervenuti, va eccepita nel giudizio di cognizione promosso dal creditore del defunto che faccia valere per intero la sua pretesa, in modo da contenere quantitativamente l'estensione e gli effetti dell'invocata pronuncia giudiziale; ne consegue che, ove non sia stata proposta la relativa eccezione nel processo di cognizione, la qualità di erede con beneficio d'inventario non è deducibile per la prima volta in sede esecutiva.
• Corte cassazione, sezione III, sentenza 16 aprile 2013 n. 9158
Giurisdizione tributaria - Ambito di operatività - Avviso di liquidazione del tributo – Accettazione di eredità con beneficio di inventario - Impugnazione dell'atto impositivo per mancata contemplazione della limitazione della responsabilità dell'erede accettante con beneficio di inventario per il debito tributario del "de cuius" - Giurisdizione delle commissioni tributarie - Devoluzione.
La giurisdizione tributaria comprende anche l'individuazione del soggetto tenuto al versamento dell'imposta o dei limiti nei quali esso, per la sua qualità, sia obbligato; qualora tra i debiti ereditari rientri un debito di imposta e l'erede abbia accettato con beneficio di inventario, spetta alle Commissioni tributarie conoscere dell'impugnazione dell'avviso di liquidazione con cui l'erede con beneficio d'inventario, adducendo la propria responsabilità per il debito fiscale ereditario nei limiti di valore dei beni a lui pervenuti, faccia valere il vizio di tale atto impositivo ad egli stesso destinato in quanto volto a conseguire il pagamento dell'intera imposta e non di quanto possibile per effetto della accettazione beneficiata.
• Corte cassazione, sezioni Unite, sentenza 15 aprile 2005 n. 7792______________________________________________
Prima casa, contestazione nulla senza intervento del Territorio
di Ferruccio Bogetti e Gianni Rota
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 07/12/2015
Le agevolazioni fiscali per la prima casa non possono essere revocate in base a meri sospetti, ancorché ragionevoli. In primo luogo, non bastano gli indizi a rendere plausibile l’utilizzo ai fini abitativi di una cantina per il superamento dei 240 metri quadrati così da inquadrare l’immobile quale abitazione di lusso. E ciò vale anche se il contribuente non allega al ricorso nessuna documentazione fotografica. In secondo luogo, la pretesa è infondata se l’amministrazione non dispone tramite l’Agenzia del Territorio alcuna verifica per accertare l’effettiva situazione catastale dell’immobile, anche in presenza di forti elementi indiziari. Sono le conclusioni emerse dallasentenza n. 3777/67/15 della Ctr Lombardia (Presidente e relatore Palestra).
All’acquirente di un immobile, costituito da un appartamento al piano terra e locale sottostante, l’amministrazione revoca le agevolazioni per l’acquisto della prima casa e chiede la maggiore Iva. Per determinare la superficie utile vanno considerati oltre ai 200 metri quadrati del piano terra anche i 70 del piano interrato delle cantine, costituite da quattro locali distinti, collegati al sovrastante soggiorno da una scala interna e utilizzabili ai fini abitativi anche in assenza del requisito urbanistico dell’abitabilità. Pertanto la superficie complessiva supera i 240 metri quadrati e diventa abitazione di lusso.
Ma per il proprietario, ricorrente in Ctp, l’amministrazione ha erroneamente incluso la superficie della cantina che, in quanto accatastata come locale pertinenziale non abitabile, non rileva ai fini della superficie per le agevolazioni prima casa. La Ctp dà ragione all’amministrazione e il contribuente si appella alla Ctr, che accoglie l’impugnazione per i seguenti motivi:
è evidente che per le caratteristiche, la dimensione, il collegamento interno con il soggiorno soprastante e l’accesso a una piscina esterna di 40 metri quadrati, possa ritenersi plausibile l’assimilazione a una taverna o comunque a un locale pluriuso utilizzabile anche ai fini abitativi. Il contribuente, che pure si è prodigato nell’allegare al ricorso le relazioni tecniche dei consulenti di parte, ha omesso però le fotografie, dalle quali sarebbe emerso che non vi sono locali freddi, umidi e non illuminati, con salami appesi e/o vecchie carrozzine di bambini o sci di frassino del nonno, bensì locali con idoneo impianto di illuminazione e di riscaldamento e magari anche con un servizio igienico non indicato nella planimetria;
pur in presenza di elementi indiziari significativi, l’amministrazione non ha nemmeno richiesto l’intervento tecnico dell’agenzia del Territorio per sconfessare l’attribuzione catastale di favore quale cantina, pure invocata dal contribuente ai fini del mantenimento delle agevolazioni prima casa. La riqualificazione ad abitazione di lusso non può fondarsi unicamente su un solo, ancorché ragionevole, sospetto che i 46 metri quadrati sottostanti al soggiorno e con esso collegati, costituiscono il locale pluriuso ipotizzato nella rettifica.
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Mutui in valuta estera, consumatori senza protezione per i rischi di cambio
di Francesco Machina Grifeo
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 03/12/2015
Le operazioni di cambio nell'ambito di taluni tipi di mutui in valuta estera non costituiscono servizi di investimento e dunque non sono soggette alle norme di diritto dell'Unione relative alla protezione degli investitori. Lo ha stabilito la Corte Ue, con la sentenza 3 dicembre 2015, nella causa C-312/14 , affrontando la questione posta da due coniugi ungheresi che avevano stipulato un contratto di credito al consumo per l'acquisto di un'automobile. Per ottenere un tasso d'interesse più favorevole rispetto a quello offerto per i mutui in fiorini ungheresi, la coppia ha optato per un mutuo in valuta estera, così però esponendosi al rischio di un apprezzamento della valuta nel corso del periodo di rimborso.
Secondo i ricorrenti il contratto stipulato rientrerebbe nel campo di applicazione della direttiva 2004/39/CE sui mercati degli strumenti finanziari, per cui la banca, in quanto ente creditizio, avrebbe dovuto valutare l'«adeguatezza del servizio». Per la Corte europea invece le operazioni di cambio realizzate nell'ambito della concessione di un mutuo in valuta estera, costituiscono «attività puramente accessorie alla concessione e al rimborso del prestito». In quanto «fungono unicamente da modalità di esecuzione di queste due obbligazioni essenziali del contratto di mutuo», e non hanno lo scopo di realizzare servizi di investimento. Del resto, il mutuatario mira solamente ad ottenere fondi in previsione dell'acquisto di un bene o di un servizio e non a gestire un rischio di cambio o a speculare sul tasso di una valuta estera.
Inoltre, prosegue la sentenza, il contratto di mutuo non costituisce uno strumento finanziario ai sensi della direttiva. Infatti, le relative operazioni non vertono su un contratto finanziario a termine standardizzato («future»), in quanto non hanno per oggetto la vendita di un bene finanziario ad un prezzo stabilito al momento della conclusione del contratto. Nel caso di specie, il valore delle valute estere che dev'essere preso a riferimento non è stabilito ex ante, ma è invece determinato sulla base del tasso di cambio di tali valute alla data di scadenza di ciascuna mensilità. Per cui i giudici di Lussemburgo concludo, con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, che «le operazioni di cambio nell'ambito di mutui in valuta estera come quello in parola non costituiscono servizi di investimento, di modo che la concessione di un tale mutuo non è soggetta alle disposizioni della direttiva relative alla protezione dei consumatori».____________________________________________
Agevolazione prima casa: nei 240 mq rientrano anche le misure delle mura
di Giampaolo Piagnerelli
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 02/12/2015
Fissati i criteri per poter beneficiare o meno dell'agevolazione prima casa con riferimento al requisito dei metri quadri massimi consentiti (240). La Cassazione, infatti, con l'ordinanza n. 24469/2015 , ha puntualizzato che nel conteggio dei metri quadrati non possono essere considerati solo gli spazi calpestabili, ma rientrano anche i muri perimetrali e quelli divisori. Fuori dal conteggio, invece, i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto auto. Il parametro quindi da considerare è la superficie utile complessiva da non valutare al netto, proprio perché l'ultima norma in materia ossia il Dm 1072/1969 non fa alcun riferimento all'aggettivo "netto" contenuto invece nella precedente tabella allegata al Dm 4 dicembre 1961.
I fatti - Nel caso concreto la Corte si è trovata alle prese con un ricorso proposto dalle Entrate contro un contribuente a cui la Ctr Emilia Romagna aveva dato ragione sulle modalità di calcolo per ottenere i benefici fiscali. In particolare i giudici di seconde cure avevano annullato l'avviso di liquidazione con il quale si disconosceva il beneficio dell'Iva leggera (al 4%) per l'applicazione, invece dell'aliquota ordinaria del 20 per cento. La Ctr aveva fondato la propria decisione sul rilievo che il calcolo della superficie per la quantificazione dell'immobile come di lusso doveva essere effettuato – in analogia al disposto dell'articolo 3 del Dm lavori pubblici 10 maggio 1997 al netto delle murature, dei pilastri, dei tramezzi e dei vani di porte e finestre.
Il ricorso del Fisco - L'Agenzia in appello ha eccepito, invece, che la determinazione corretta dovesse seguire le regole in tema di imposta di registro e ipocatastali. E quindi per stabilire se una casa sia di lusso ed esclusa, pertanto, dai benefici (Tariffa I, articolo 1, nota II bis, del Dpr 131/1986) la sua superficie utile - sulla base di quanto disposto dal Dm Lavori pubblici n. 1072/1969 - deve essere determinata in base all'estensione globale riportata nell'atto di acquisto sottoposta all'imposta, residua una volta detratta dalla sua superficie di balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto auto.
Conclusioni - Non possono, invece, applicarsi – i criteri ex Dl n. 801/1977 in quanto le previsioni relative ad agevolazioni o benefici fiscali non sono suscettibili di un'interpretazione estensiva. Accolto quindi il ricorso delle Entrate la vicenda torna in Ctr che dovrà adeguarsi ai principi appena esposti.
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Inadempimento del preliminare di vendita, risoluzione alternativa al recesso
di Francesco Machina Grifeo
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 01/12/2015
In caso di inadempimento di un preliminare di vendita immobiliare, la scelta tra l'azione di risoluzione del contratto, con richiesta di risarcimento del danno, e il recesso, con ritenzione della caparra confirmatoria, non ammette ripensamenti di convenienza. Dunque, seguendo l'antico brocardo latino: «Electa una via non datur recursus ad alteram». Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza 24337/2015 , bocciando il ricorso di un promissario acquirente che, in appello, aveva chiesto di mutare la richiesta di risarcimento, liquidata in 6.500 euro, con quella del doppio della caparra versata, pari a 26 mila euro.
La vicenda - L'acquirente, aveva sostenuto che «la sostituzione, in sede di appello, della domanda non integrerebbe affatto gli estremi dello ius novorum (vietato), ma andrebbe configurata come esercizio di una perdurante facoltà del richiedente quale istanza processuale soltanto ridotta rispetto alla già proposta risoluzione». Una lettura bocciata dal giudice di secondo grado che ha rigettato la domanda sul rilievo che «qualora il contraente non inadempiente abbia agito per la risoluzione ed il risarcimento del danno», la richiesta della «declaratoria dell'intervenuto recesso con ritenzione della caparra o pagamento del doppio» costituisce domanda nuova inammissibile in appello.
La motivazione - La Suprema corte sul punto ha richiamato un proprio precedente a Sezioni unite (n. 5531/2009) che risolvendo un contrasto giurisprudenziale ha affermato che «i rapporti tra azione di risoluzione e di risarcimento integrale da una parte, e azione di recesso e di ritenzione della caparra dall'altro, si pongono in termini di assoluta incompatibilità strutturale e funzionale». Dunque «proposta la domanda di risoluzione volta al riconoscimento del diritto al risarcimento integrale dei danni asseritamente subiti, non può ritenersene consentita la trasformazione in domanda di recesso con ritenzione di caparra perché verrebbe così a vanificarsi la stessa funzione della caparra, quella cioè di consentire una liquidazione anticipata e convenzionale del danno volta ad evitare l'instaurazione di un giudizio contenzioso». Viceversa si consentirebbe «inammissibilmente» alla parte non inadempiente «di “scommettere” puramente e semplicemente sul processo, senza rischi di sorta».
Per la III Sezione, dunque, non merita di essere seguita la più recente ma «isolata» ordinanza 24841/2011, richiamata dal ricorrente, che invece ha aperto alla modificazione dell'istanza. Secondo i giudici di Piazza Cavour, infatti, si tratta di un orientamento superato e privo di «alcun argomento convincente». E’ invece pacifico che ammettere la fungibilità tra le due azioni «si risolverebbe nella indiscriminata e gratuita opportunità di modificare, per ragioni di mera convenienza economica, la strategia processuale iniziale dopo averne sperimentato gli esiti». E, conclude la sentenza, anche il «nuovo» articolo 111 della Costituzione depone nel senso di evitare «rilevanti diseconomie processuali», tanto più considerata l'«intensa e defatigante» attività probatoria che le domanda di risoluzione e risarcimento comportano.______________________________________________
Il legittimario pretermesso che impugna la vendita simulata agisce come terzo
di Mario Piselli
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 30/11/2015
Il legittimario pretermesso dall'eredità, che impugna, a tutela del proprio diritto alla reintegrazione della quota di legittima, la compravendita immobiliare compiuta dal
de cuius in quanto dissimulante una donazione, agisce in qualità di terzo, sicché nei suoi confronti non può attribuirsi valore vincolante alla dichiarazione relativa al versamento del prezzo, pur contenuta nel rogito notarile, potendo invece trarsi elementi di valutazione circa il carattere fittizio del contratto dalla circostanza che il compratore, su cui grava l'onere di provare il pagamento del prezzo, non abbia fornito la relativa dimostrazione. Questo il principio espresso dalla Suprema corte con la sentenza n. 22907 del 2015 .
Un principio consolidato - Richiamando una propria consolidata giurisprudenza (Cassazione 28632/2011 e 13804/2006), il giudice di legittimità ha ritenuto che il legittimario totalmente pretermesso, il quale proponga domanda di simulazione relativa di una compravendita, preordinata all'eventuale successivo esercizio dell'azione di riduzione, agisce in qualità di terzo e non nella veste di erede, qualità che egli acquista solo in conseguenza del positivo esercizio della medesima azione di riduzione.Infatti, il legittimario totalmente pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l'esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, ovvero dopo il riconoscimento dei suoi diritti da parte dell'istituito.
Ne consegue che la condizione della preventiva accettazione dell'eredità con beneficio d'inventario, stabilita dall'articolo 564 del Cc per l'esercizio dell'azione di riduzione, vale solo per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede ma non nel caso di legittimario totalmente pretermesso dal testatore.
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Trust, notai contro la Cassazione
di Angelo Busani
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del del Diritto" del 27/11/2015
L’auspicio che la Cassazione si ricreda e che la prassi non si allinei: è quanto viene espresso in uno studio del Consiglio nazionale del notariato (il 132/2015/T) che commenta le note decisioni sul trust (sentenze 3735, 3737 e 3886 del 4 febbraio 2015 - si veda Il Sole 24 Ore del 25 febbraio).
Con queste sentenze la Cassazione ha ritenuto oggetto di imposta di donazione l’istituzione di un vincolo di destinazione in sé, a prescindere dal fatto che vi sia un trasferimento del bene oggetto di vincolo. E ciò in contrasto con quanto ritenuto dal prevalente orientamento della dottrina, della prassi e della giurisprudenza, secondo cui in tanto potrebbe esservi la tassazione del vincolo di destinazione in quanto vi sia anche il contestuale mutamento di titolarità del bene vincolato.
Si è sempre saputo (e operato nel senso) che all’atto istitutivo del fondo patrimoniale non fosse applicabile l’imposta proporzionale se l’atto stesso non comportasse anche il trasferimento della proprietà del bene soggetto al fondo. Si è altrettanto sempre ritenuto che al cosiddetto trust autodichiarato, non comportando il trasferimento del bene vincolato in trust, andasse applicata la sola imposta fissa.
Invece, con le sentenze dello scorso febbraio, la Cassazione ha affermato che con il Dl 262/2006 è stata introdotta una imposta “nuova”, vale a dire l’imposta sulla “costituzione di un vincolo di destinazione”.
Il presupposto impositivo di questo tributo sarebbe da individuare nella «predisposizione del programma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti» in quanto l’oggetto dell’imposizione consisterebbe nel «valore dell’utilità» relativamente alla quale il disponente limita le proprie facoltà proprietarie.
In sostanza, il contenuto economico della destinazione patrimoniale sarebbe sufficiente, ad avviso della Cassazione, a manifestare la capacità contributiva indicata all’articolo 53 della Costituzione e la sussistenza di un «collegamento tra prestazione imposta e presupposti economici presi in considerazione», costituiti dal rilievo patrimoniale della destinazione, renderebbe irrilevante l’eventuale trasferimento patrimoniale connesso al vincolo destinatorio. La realizzazione del presupposto impositivo al di fuori di fattispecie traslative di ricchezza, evidenzierebbe l’autonomia del “nuovo” tributo rispetto all’imposta sulle successioni e donazioni, cui sarebbe accomunata solo per “assonanza”.
Secondo il Notariato, questa impostazione è criticabile sotto diversi aspetti:
non sarebbe anzitutto sostenibile che il Dl 262/2006 ha introdotto un “nuovo” tributo sui vincoli di destinazione, dato che tale normativa prevede esplicitamente l’istituzione della sola «imposta sulle successioni e donazioni», non facendo menzione di altri tributi;
in secondo luogo, l’imposizione sulla mera costituzione del vincolo di destinazione, indipendentemente dal verificarsi di una fattispecie traslativa, non sarebbe costituzionalmente legittima, ai sensi dell’articolo 53 della Costituzione, perché non correlata a una forza economica effettiva;
la scomposizione del presupposto del tributo sulle successioni e donazioni in due momenti (da una parte, quello basato sul trasferimento del bene o del diritto, per causa di morte, donazione o a titolo gratuito; dall’altro, quello correlato alla mera costituzione di un vincolo destinatorio) manifesterebbe una irragionevolezza in grado di scontrarsi con il limite rappresentato dal principio della coerenza logica dei singoli tributi ritraibile sempre dall’articolo 53 della Costituzione.
A questa conclusione si giunge sia rilevando la non omogeneità dei due presupposti, sia valorizzando la struttura normativa dell’imposta, che presuppone (in termini di soggetti passivi, base imponibile e aliquote) che vi sia un patrimonio che si trasferisce da un soggetto all’altro, che lo stesso sia valutato in occasione del trasferimento e che sia configurabile un “beneficiario” del trasferimento quale soggetto passivo del tributo.
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Definizione agevolata sulla successione solo se la rettifica è operata dall'Ufficio
di Giampaolo Piagnerelli
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del Diritto" del 26/11/2015
La maggiore pretesa dell'Ufficio dell'imposta di successione può esser oggetto di condono. A patto però che l'accertamento derivi da una rettifica effettuata dal Fisco e non dalla dichiarazione di standard e parametri forniti dal contribuente stesso. Questo in estrema sintesi il contenuto della sentenza della Cassazione n. 24022/2015 .
I fatti - La vicenda finita sul tavolo della Corte è piuttosto complessa con l'impugnazione di un avviso notificato a fine dicembre 2004 con il quale l'ufficio del Registro chiedeva il pagamento dell'imposta complementare derivante dall'accertamento di un maggior valore di alcuni immobili compresi nell'asse ereditario finito nella disponibilità del contribuente. Quest'ultimo aveva eccepito di aver ricevuto in precedenza (14 novembre 2002) notifica dell'avviso di liquidazione dell'imposta principale per la successione, avviso impugnato in relazione all'an e al quantum e successivamente oggetto di domanda di definizione come previsto dall'articolo 16 della legge 289/2002. La sanatoria era stata negata dall'amministrazione con provvedimento che il contribuente aveva impugnato ottenendo una pronuncia che dichiarava condonabile la lite. Conseguentemente, accertato il passaggio in giudicato di tale pronuncia, la lite veniva definita, sulla non opposizione dell'Ufficio, con la dichiarazione di cessazione della materia del contendere.
La sentenza della Commissione - La Commissione adita in particolare aveva ritenuto che la definizione del condono della lite relativa all'imposta principale di successione avesse effetto anche nei confronti dell'imposta complementare, privando così l'Ufficio del potere di rettificare i valori dichiarati nella denuncia di successione. L'appello dell'Ufficio era stato rigettato ritenendo che la sanatoria fosse stata efficace anche nei confronti dell'imposta complementare. L'avvenuta definizione della controversia sull'imposta principale, infatti, oltre a riconoscere in ogni caso la congruità di valori dichiarati rispetto a quelli accertati spiegava la sua efficacia anche nei confronti dell'imposta complementare.
La Cassazione si è schierata con il contribuente ricordando un precedente insegnamento giurisprudenziale in base al quale nel condono fiscale esulano dalla possibilità di definizione agevolata (ex articolo 16 della legge 289/2002) soltanto le controversie che hanno per oggetto provvedimenti di mera liquidazione del tributo, emanati senza il previo esercizio di un potere discrezionale a opera dell'Amministrazione, cioè senza accertamento o rettifica e senza applicazione di sanzioni. Rientra quindi nell'ambito applicativo del beneficio dell'impugnazione dell'avviso di liquidazione dell'imposta di successione, il quale comporta sempre una previa valutazione da parte dell'ufficio finanziario, della congruità dei valori e dell'effettiva esistenza delle passività dichiarate.
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Compie reato il professionista che non identifica il cliente
di Andrea Rosana da http://www.lavorofisco.it/ del 25/11/2015
Stretta sull’adeguata verifica dell’antiriciclaggio. Compie reato il professionista che non identifica il cliente, e soprattutto il beneficiario effettivo della sua prestazione, e che non verifica lo scopo e la natura del rapporto in tutta la sua durata. L’illecito penale è previsto dalle norme antiriciclaggio del decreto legislativo n. 231/07 che impone severi obblighi a intermediari finanziari ma anche ad avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e notai, la cui inosservanza è punita con la pena pecuniaria. A consumare il reato è sufficiente il dolo generico, vale a dire la mera coscienza e volontà di contravvenire alle prescrizioni in materia di verifica della clientela. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 46415 del 23 novembre 2015.
Astensione necessaria
Il ricorso del procuratore generale presso la Corte d’Appello è accolto contro le conclusioni del pg della Suprema Corte, che chiedeva il rigetto. Nell’ambito di un processo a carico di un consulente del lavoro per appropriazioni indebite e circonvenzioni di incapace, si riapre il processo a carico di due dipendenti di un’azienda che rientra fra gli intermediari finanziari indicati da un altro decreto, il 51/2007, come destinatari degli obblighi antiriciclaggio: avevano concesso prestiti senza pretendere che fosse personalmente presente chi ne appariva richiedente, mentre in loro vece c’era sempre il professionista, imputato principale del procedimento.L’elemento soggettivo del reato si configura perché le impiegate addette ai finanziamenti sanno di contravvenire alle regole nel momento in cui avviano la pratica «per interposta persona». In effetti il decreto legislativo n. 231/07 impone obblighi ben precisi a intermediari finanziari, società e professionisti: bisogna sempre identificare la persona o le persone fisiche che in ultima istanza possiedono o controllano il cliente persona fisica oppure la persona fisica per conto della quale si realizza un’operazione o un’attività. E quando non risulta possibile adempiere agli obblighi di verifica deve ritenersi vietato instaurare il rapporto continuativo o la prestazione professionale con il cliente. Parola al giudice del rinvio.
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Per i notai semplificazioni a rischio legalità
di Giorgio Costa
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del Diritto" del 25/11/2015
Semplificare è giusto, farlo senza controlli è rischioso. Convocato ieri in audizione presso la commissione Industria del Senato, il Consiglio nazionale del Notariato si è espresso sulle norme del Ddl Concorrenza che riguardano il sistema notarile. In merito agli articoli 44 e 45 - che prevedono, nell’ordine, la costituzione di Srl semplificata con scrittura privata e la possibilità, tra le altre, di cessioni di quote di Srl attraverso sottoscrizione digitale di un modulo standardizzato senza intervento notarile né di altro professionista. Sarebbe invece opportuno, secondo i notai, affidare al notariato i controlli e il percorso di verifica e di segnalazione antiriciclaggio anche perché, è stato ribadito, una semplificazione priva di controlli non appare in linea con la disciplina mondiale di contrasto all’abuso dello strumento societario. Infine, sulla determinazione del numero dei notai la richiesta è quella di non far riferimento solo al numero degli abitanti ma anche alle reali esigenze del territorio, così come sono state presentate proposte per ridurre i costi notarili per categorie meno abbienti e imprese.
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Notai: la sicurezza giuridica degli atti come contributo alla crescita del Paese
di Maurizio D’Errico - Presidente del Consiglio nazionale del notariato
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del Diritto" del 23/11/2015
Sicurezza giuridica: quale diritto per lo sviluppo? È il tema del 50° Congresso nazionale del Notariato che si è tenuto dall'8 al 10 novembre a Milano. Quasi 2mila notai e numerosi esponenti del mondo politico, economico e giuridico hanno partecipato all'evento, nel corso del quale si sono svolte anche iniziative di carattere sociale, rivolte ai cittadini, e gli stranieri in Italia e a coloro i quali convivono con malattie che pur lasciando intatte le capacità impediscono al fisico di essere attivo. Non è possibile, a oggi, quantificare il valore della sicurezza giuridica in un sistema economico, ma d'altra parte, sono evidenti i danni che possono verificarsi negli ordinamenti dove le liberalizzazioni incidono sui meccanismi preposti a tutela della circolazione immobiliare e delle garanzie del credito.
Basta pensare agli scandali su scala mondiale degli ultimi dieci anni: da Enron ai mutui subprime, da Lehman Brothers a London Whale. Il maggiore imputato è certamente il settore finanziario e la sua totale deregolamentazione: non a caso l'economista Piketty ha addirittura chiesto l'istituzione di un registro mondiale dei titoli finanziari. Nello scenario italiano in cui si discute, per favorire la ripresa, se far prevalere l'economia al diritto, tra la necessità di liberalizzazioni o di semplificazioni, il notariato italiano ha deciso di confrontarsi apertamente con i protagonisti del pensiero economico e giuridico di questi anni ponendo la questione della sicurezza giuridica, attuata attraverso l'esercizio della pubblica funzione del notaio: ha un valore economico oppure no? È un elemento che può garantire la crescita del Paese o rallentarla?
L'ordinamento giuridico deve garantire le migliori condizioni per la crescita economica senza che logiche di mercato si sovrappongano all'ordinamento. La sicurezza giuridica favorisce la crescita dell'economia in quanto aumenta l'appeal del paese di riferimento, riduce il contenzioso, conferisce affidabilità ai pubblici registri, protegge il sistema bancario e il rischio del credito. In sintesi, il diritto deve essere ispirato a principi liberali di apertura, di modernità, con una tecnologia che ne accresce gli effetti. Un diritto quindi caratterizzato da controlli adeguati e finalizzati agli interessi da tutelare e a risultati da perseguire.
Le classifiche internazionali - A questo proposito è significativo l'ultimo dossier della classifica Doing Business 2016 a cura della Banca Mondiale che, dopo le raccomandazioni dell'Ocse e Gafi, ha recepito la necessità di rilevare, oltre agli aspetti puramente quantitativi (ad esempio tempi e procedure), anche la qualità dell'infrastruttura economica e della sicurezza giuridica che un Paese è in grado di offrire. In altre parole, la certezza del diritto entra a far parte come elemento strutturale e di valutazione delle future classifiche sulla competitività internazionale.
Se si guarda all'Italia si scopre che sotto il profilo puramente qualitativo dei trasferimenti immobiliari, siamo al 9° posto (su 189 paesi analizzati) della classifica mondiale. Questa novità si riflette positivamente anche sulla posizione del nostro Paese nella sezione Registering Property: dopo un recupero di 60 posizioni a partire dal 2012 (grazie alla trasmissione telematica degli atti gestita dal notariato) si stabilizza nella parte alta al 24° posto, molto meglio di nazioni come Regno Unito, Germania, Spagna, Stati Uniti, Giappone e Canada. Questo anche grazie al ruolo del notariato, fattore di affidabilità, garanzia ed efficienza, il cui contributo positivo si conferma anche per quanto riguarda le costituzioni societarie.
L'Italia, sempre a partire dal 2013, ha guadagnato circa 40 posizioni - attualmente ha un rango quasi pari a quello degli USA - ed è di gran lunga migliore di quello della Svizzera, Spagna, Giappone, Austria e Germania. Tutto ciò è avvenuto grazie alla semplificazione delle costituzioni societarie sia in termini di celerità di costituzione (stipula dell'atto costitutivo e adempimenti necessari nello stesso giorno) sia di garanzia dei dati recepiti telematicamente e in maniera immediata dal registro delle imprese. Va considerato inoltre che l'attuale classifica non tiene conto dell'infrastruttura di altissima qualità del nostro Registro delle imprese e dell'interconnessione telematica con tutti gli studi notarili che effettuano i dovuti controlli di legalità al momento della costituzione societaria (modello di eccellenza in Europa al quale si sono ispirati anche Francia, Belgio e Germania).
Sotto il profilo della sicurezza giuridica, dunque, il nostro ordinamento funziona bene, a tal punto, che sono sempre più numerosi gli Stati (il notariato è già presente in 86 paesi nel mondo) che decidono di assorbirne i tratti salienti. Uno per tutti, la Cina, dove il ministro di Giustizia Wu Aiying ha sentito il bisogno di venire in Italia e ascoltare dalla viva voce del Notariato come si garantisce la certezza dei traffici, la sicurezza dei pubblici registri, la conservazione dei documenti.Notariato sociale - Ma sicurezza giuridica non significa solo questo. Significa adattare il diritto alle nuove esigenze espresse dalla società sempre con l'obiettivo di garantirne la certezza. Dopo gli interventi del notariato in materia di rent to buy (2014) e di contratti di convivenza (2013) il Notariato ha presentato in collaborazione con Aisla - l'Associazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica - una proposta per rendere più semplice la partecipazione dei soggetti affetti da Sla alla contrattazione giuridica.
Si tratta di una interpretazione evolutiva della legge notarile che riconosce la “comunicazione non verbale” e rende possibile l'espressione da parte del malato delle proprie volontà negoziali, senza intermediari prendendo atto della nuova realtà creata dalla tecnologia. Oggi infatti i malati di Sla (che non presentano alterazioni cognitive ma impossibilità di comunicare con i canali classici) possono comunicare attraverso sistemi alternativi, quali i “comunicatori a puntamento oculare”. Questi strumenti sfruttano l'unico movimento ancora controllabile dagli stessi, quello degli occhi, ottenendo così la possibilità di esprimersi in autonomia. La proposta, nata dopo un'interpretazione estensiva della magistratura milanese che ha sviluppato il concetto di “comunicazione non verbale”, conduce a ritenere superata la presenza di un interprete con un impatto significativo quanto all'immediatezza di atti pubblici come procure, negozi di tipo familiare come divisioni ereditarie o atti di ultima volontà.“Abitare e fare impresa in Italia”, una guida per gli stranieri - Il notariato in chiave sociale si rivolge anche ai nuovi componenti della società italiana: ai quasi quattro milioni di cittadini non comunitari regolarmente presenti nel nostro Paese (dati ministero Interno) che producono un Pil di 125 miliardi di euro (dati 2014), ovvero l'8,6% della ricchezza nazionale. “Abitare e fare impresa in Italia” è un lavoro realizzato dal Notariato italiano e presentato in occasione del 50° Congresso Nazionale con l'obiettivo di informare i cittadini stranieri residenti in Italia sulle operazioni che necessitano per legge dell'intervento del notaio. La guida, realizzata con la collaborazione di Abi, Associazione Bancaria Italiana, per la sezione mutui, è scaricabile gratuitamente dal sito www.notariato.it ed è stata tradotta in 13 lingue: oltre che in inglese, francese, spagnolo e tedesco, nelle lingue delle 11 principali Comunità di Paesi presenti sul territorio nazionale che, secondo i dati Istat disponibili, vedono in Italia il maggior numero di presenze: Marocco, Albania, Cina, Ucraina e Filippine, seguite da Romania, India, Polonia, Moldavia, Tunisia e Bangladesh. Da tempo il notariato ha intrapreso questo percorso di trasparenza con i consumatori attraverso una serie di guide dedicate a spiegare con linguaggio semplice e chiaro i temi della casa, mutuo e successioni. Per questo ci è sembrato naturale rivolgerci a un segmento sempre più importante e stabile della nostra società. All'interno della guida i cittadini stranieri potranno trovare informazioni pratiche su documenti e formalità necessarie per comprare casa, accendere un mutuo e avviare un'impresa in Italia
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Se il notaio accetta l'atto trascrizioni senza ritardo anche se il cliente non paga
dal Sole 24 Ore "Quotidiano del Diritto" del 18/11/2015
Il notaio può rifiutare la prestazione se il cliente non deposita le somme per tasse, onorari e spese, ma se accetta comunque l’incarico non può ritardare gli adempimenti. La Cassazione, con la sentenza 23491 , conferma sei mesi di sospensione dalla professione per un notaio che non si era avvalso della facoltà di non ricevere gli atti in assenza dei pagamenti, salvo poi ritardare la trascrizione degli atti in attesa delle somme dovute.
Una mancata tempestività che non può in alcun modo essere giustificata perché, sottolinea la Cassazione, in grado di «compromettere gravemente la sicurezza giuridica dei rapporti e la violazione del ruolo di garanzia che lo Stato e le parti affidano al notaio».
Il professionista, oltre che per i ritardi, era finito nel mirino del Consiglio distrettuale anche per illecita concorrenza, che scatta, in base all’articolo 14 del codice deontologico, quando il notaio omette di documentare e specificare le anticipazioni, come nel caso esaminato, gli onorari, i diritti e i compensi. Inutile per l’incolpato affermare che l’addebito non poteva essere mosso senza un preventivo accertamento fiscale, rivelatore dell’evasione. La violazione è, infatti, essenzialmente deontologica e non necessariamente tributaria.
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Anche per il 2016 rivalutazione di partecipazioni e terreni
Il Ddl. di stabilità 2016 prevede ancora una proroga dell’agevolazione
L’ultima bozza del Ddl. di stabilità 2016, inviata dal Governo al Quirinale, ripropone le agevolazioni fiscali introdotte e disciplinate dagli artt. 5 e7 della L. n. 448/2001.
Se dovesse essere approvato questo testo, quindi, anche per il 2016 sarà consentito a persone fisiche, società semplici, enti non commerciali e soggetti non residenti privi di stabile organizzazione in Italia di rivalutare il costo o valore di acquisto delle partecipazioni non quotate e dei terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2016, al di fuori del regime d’impresa, affrancando in tutto o in parte le plusvalenze conseguite, exart. 67 comma 1 lett. da a) a c-bis) del TUIR, allorché le partecipazioni o i terreni vengano ceduti a titolo oneroso.
Si tratta della facoltà di assumere, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore delle quote e delle azioni mediante l’assolvimento un’imposta sostitutiva sul c.d. “valore di perizia” previsto per partecipazioni non quotate o terreni (agricoli ed edificabili).
A tal fine, occorrerà che entro il 30 giugno 2016:
- un professionista abilitato (ad esempio, dottore commercialista, geometra, ingegnere e così via) rediga e asseveri la perizia di stima della partecipazione o del terreno;
- il contribuente interessato versi l’imposta sostitutiva per l’intero suo ammontare, ovvero (in caso di rateizzazione) limitatamente alla prima delle tre rate annuali di pari importo.
CONFERMATO IL RADDOPPIO DELLE ALIQUOTE
In sostanza, esercitando l’opzione di assumere, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore indicato in perizia delle partecipazioni non quotate o dei terreni, il contribuente dovrà assolvere entro il 30 giugno 2016:
- l’imposta sostitutiva del 4% sulle partecipazioni non qualificate;
- oppure quella e dell’8% sulle partecipazioni qualificate e sui terreni.
Per i soggetti che si avvalgono nuovamente dell’agevolazione sarà comunque possibile:
- detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta sulla rivalutazione eseguita l’imposta già versata su precedenti rivalutazioni degli stessi beni;
- oppure richiedere il rimborso dei versamenti effettuati ai sensi dell’art. 38 del DPR 602/73.
Resta fermo che l’importo del rimborso non può essere comunque superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata.fonte Eutekne (S. Sanna)
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SCUOLA DI NOTARIATO DI CATANIA “JACOPO DA LENTINI".
7 E 14 OTTOBRE 2015 OPEN DAY - PRESENTAZIONE DELLE NOVITÀ DEL PROSSIMO ANNO ACCADEMICO
Mercoledì 7 ottobre e mercoledì 14 ottobre, a partire dalle ore 10.00, presso la sede di Via Gabriele D'Annunzio 33, Open Day di presentazione dell'anno accademico 2015 - 2016 della Scuola Notarile Jacopo da Lentini di Catania, gestita dal Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Catania e Caltagirone, con la collaborazione dell'Università di Catania.
La Scuola, diretta da Diego Barone, con l'ausilio del Consiglio dei Docenti composto da Paolo Di Giorgi, Gaetano Galeardi, Giuseppe Lombardo e Alfredo Tamburino, tutti Notai dei Distretti Riuniti di Catania e Caltagirone, rinnova il proprio programma di insegnamento, avvicinandosi alle esigenze degli studenti.
Programma
- Corso propedeutico, a partire dall'apertura del 19 Ottobre 2015 e della durata di due mesi, rivolto a chi inizia la preparazione per il Concorso Notarile (Legge Notarile, Diritto di Famiglia, Urbanistica, Diritto Tributario, Volontaria Giurisdizione e Pubblicità).
- Tre Corsi compatti, a partire dal mese di Dicembre, ciascuno della durata di circa tre mesi e dedicato ad una delle tre prove scritte di esame (Atto tra vivi, Atto a causa di morte, Atto in materia commerciale), basati su tracce da concorso, pubblicate in anticipo sul sito della scuola e poi svolte e motivate durante la lezione, anche con l’ausilio di slides dimostrative.
- Prove di simulazione di concorso, collocate durante l'anno, a partire dal mese di Gennaio del 2016, con correzione collettiva.
- “Lectiones magistrales” cioè singole lezioni accademiche tenute da Notai e Docenti che hanno approfondito in modo particolare le singole materie trattate, anche provenienti da altri Distretti ed Atenei, rivolte a chi desidera affinare la propria preparazione, cadenzate durante l'intero anno accademico.
Le lezioni del Corso propedeutico e dei Corsi compatti si terranno dal lunedì al mercoledì dalle 15.00 alle 19.00 e saranno tenute da Notai e da Docenti Universitari dell'Ateneo catanese.
È ammessa l'iscrizione anche per partecipare solo ad una parte dell'attività della scuola, con costi ridotti.
Per maggiori informazioni consultare il sito della Scuola
http://www.consiglionotarilecatania.it/scuola.asp
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NOVITA’ Attestato di Prestazione Energetica dal 01/10/2015
Immobiliare
Concerne tutti gli atti, le pratiche e la consulenza giuridica che hanno ad oggetto beni immobili:fabbricati,terreni agricoli ed edificabili.
Dunque a titolo esemplificativo:
- compravendite,
- donazioni,
- permute,
- divisioni,
- transazioni,
- costituzioni di usufrutto e di servitu', ecc.
Il settore comprende anche tutti gli atti legati a finanziamenti garantiti da ipoteca su beni immobili: mutui, aperture di credito in conto corrente, erogazioni, cancellazione di ipoteche.
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Consulta le GUIDE PER IL CITTADINO (a cura del Consiglio Nazionale del Notariato in collaborazione con le Associazioni dei Consumatori):
Enti e Società
Interessa tutti gli atti, le pratiche e la consulenza giuridica che riguardano le associazioni, le fondazioni, le societa' e le aziende e piu' in generale gli atti di impresa.
A titolo esemplificativo:
- costituzione e modifiche di societa',
- consorzi,
- cooperative,
- associazioni,
- fondazioni,
- cessione di quote ed azioni,
- cessioni ed affitti di aziende.
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Consulta le GUIDE PER IL CITTADINO (a cura del Consiglio Nazionale del Notariato in collaborazione con le Associazioni dei Consumatori):
- Notaio, Sicurezza Giuridica, Sviluppo Economico
Famiglia e Successioni
Concerne la consulenza giuridica, gli atti e le pratiche che riguardano le convenzioni matrimoniali, la sistemazione ereditaria dei patrimoni e le pratiche successorie.
Dunque a titolo esemplificativo:
- separazioni dei beni tra coniugi,
- fondi patrimoniali,
- scelta del regime tra coniugi stranieri,
- testamenti,
- accettazioni di eredita',
- dichiarazioni di successione.
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Consulta le GUIDE PER IL CITTADINO (a cura del Consiglio Nazionale del Notariato in collaborazione con le Associazioni dei Consumatori):
- Il Matrimonio. Diritti e doveri in famiglia
Procure a Vendere
Tra i servizi al pubblico, lo Studio gestisce e predispone anche tutti i tipi di procure:
- procure a vendere immobili
- procure a vendere terreni
- procure generali
- procure alle liti
ecc.
Pratiche Auto
Lo Studio si pone come un riferimento di assoluta affidabilità per coloro che si trovino ad affrontare la compravendita di un veicolo.
- Dalla consulenza e stesura di procure speciali
- agli atti di vendita,
- deleghe a condurre,
- intestazioni eredi.
Completano i servizi pratiche auto anche per stranieri che necessitano di deleghe per condurre un veicolo in Italia o all'estero, procure, dichiarazioni di proprieta', vendita/acquisto del veicolo.
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Relazioni Ipocatastali
Per la compravendita sicura di un immobile o per valutare se è conveniente procedere con attività legali esecutive (pignoramento) è necessario verificare con precisione se su tale bene sono presenti gravami o vincoli che potrebbero limitarne la disponibilità e il valore.
La relazione ventennale certificata dal Notaio
ai sensi della Legge 302/98
è indispensabile in caso di compravendita di un immobile
e risulta molto utile per valutare l’effettiva convenienza a procedere per vie legali esecutive (pignoramento immobiliare).
Consulenza Legale
Il Notaio Andrea Ciancico e l'Avvocato Giuseppe Ciancico
Lo Studio Notarile Ciancico a Catania
svolge attività di assistenza e consulenza legale,
nonchè attività di rappresentanza e difesa in sede contenziosa e stragiudiziale,
principalmente nel settore del diritto civile e prevalentemente nelle seguenti materie:
- Contrattualistica,
- Locazione e Condominio,
- Diritti reali e di credito,
- Diritto successorio,
- Diritto di famiglia,
- Trust e segregazioni patrimoniali,
- Diritto societario.
Note legali
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